
Chi dovrà tornare a lavorare - nordnotizie.it
Nel frattempo, il bilancio dello Stato continua a sostenere spese pensionistiche enormi – pari a circa 254 miliardi di euro.
Il tema delle pensioni in Italia si conferma al centro di un acceso dibattito, con evidenti criticità legate alla sostenibilità economica del sistema previdenziale.
Secondo gli ultimi dati e analisi, l’assenza di risorse sufficienti per riformare il metodo di calcolo degli assegni pensionistici sta spingendo un numero crescente di pensionati a considerare il ritorno al lavoro come unica soluzione per integrare un reddito spesso insufficiente.
La crisi degli assegni pensionistici e il sistema contributivo
Il problema principale non riguarda tanto l’età di pensionamento, quanto il basso importo medio delle pensioni, che rischia di peggiorare con il passare degli anni a causa del pieno passaggio al sistema contributivo. Tale sistema, che calcola la pensione esclusivamente in base ai contributi versati durante la carriera lavorativa, presenta un limite strutturale: se i contributi sono bassi, per esempio a causa di stipendi ridotti, lavoro precario o nero, anche la pensione sarà molto contenuta.
Dai dati aggiornati al 2 aprile 2025, l’importo medio lordo mensile delle pensioni si attesta a circa 1.229 euro, con una differenza significativa tra uomini (1.486 euro) e donne (1.011 euro). Questo dato è calcolato su singoli assegni e non tiene conto di eventuali trattamenti multipli percepiti da uno stesso pensionato, il che conferma comunque un quadro generale di pensioni modeste.

La situazione è destinata a complicarsi ulteriormente nei prossimi decenni: le proiezioni Istat indicano che entro il 2050 il numero dei pensionati supererà i 20 milioni, mentre gli occupati saranno poco più di 26 milioni. Questa dinamica, combinata con il calo della natalità, mette sotto pressione un sistema a ripartizione basato sui contributi dei lavoratori attivi.
Il rischio della povertà e il ritorno al lavoro dei pensionati
La progressiva riduzione degli importi pensionistici rischia di tradursi in un aumento della povertà tra gli anziani. L’assenza di margini per modificare il sistema contributivo, anche a causa delle linee guida stabilite negli ultimi anni dai governi (come ricordato da Mario Draghi), impedisce interventi correttivi efficaci.
Un altro elemento critico è rappresentato dal fatto che i pensionati possono cumulare il reddito da pensione con quello da lavoro (ad eccezione di alcune misure temporanee come Quota 103).
Questo fa sì che molti anziani, nonostante abbiano già terminato una carriera lavorativa, siano costretti a tornare sul mercato del lavoro per integrare il proprio reddito. Tale fenomeno alimenta un paradosso: il ritorno al lavoro di milioni di pensionati rischia di comprimere ulteriormente i salari e ridurre le opportunità occupazionali per i giovani.
Previdenza complementare e prospettive future
L’unica via per evitare la povertà da pensione, almeno per una parte dei lavoratori, è rappresentata dalla previdenza complementare. Tuttavia, questa soluzione coinvolge solo circa un terzo della forza lavoro e spesso non è accessibile a chi più ne avrebbe bisogno.
Il sistema previdenziale italiano si trova quindi a un bivio decisivo: senza interventi strutturali, molti pensionati saranno costretti a mantenersi attivi nel mondo del lavoro ben oltre l’età della pensione, trasformando un diritto fondamentale in una necessità per la sopravvivenza economica.