
Si chiude anche il tesseramento della nuova Lega Salvini Premier dopo che ai militanti era stata distribuita gratuitamente la tessera 2020 della ormai “fu” Lega Nord. Ma stando alle considerazioni di alcune testate nazionali, al Nord, solo il 70% dei militanti e dei sostenitori della ex Lega Nord ha preso la nuova tessera del partito nazional sovranista “Lega Salvini Premier”. Ciò significa che mediamente un tesserato su tre, al Nord, non si è riconosciuto nella nuova linea. Finchè ha potuto ha tenuto duro con in tasca il “feticcio” rappresentato dalla tessera del precedente partito. Ora invece i nodi sono venuti al pettine e la scelta è fatta.
Se quei numeri sono realistici rappresentano uno smacco per il segretario Matteo Salvini, che si era visto impalmare all ultimo congresso federale con un considerevole 87% nei confronti del suo avversario Gianni Fava. Se quei numeri sono reali i fedeli alla vecchia linea della Lega, territoriale e legata alla parola “Nord” sono cresciuti osservando dove Salvini ha portato il partito. Verso una soluzione nazionale, sovranista, antieuropeista, vicina a tutti i movimenti di destra e di estrema destra europei.
La maschera è caduta ed anche la foglia di fico della Autonomia per tenere attaccati i consensi al Nord è caduta. Di autonomia Salvini non ne parla più se non nelle rare apparizioni in Veneto dove, “obtorto collo”, deve per forza allinearsi al progetto politico di Luca Zaia, il vero “paron” di quella regione dove Salvini può considerarsi appena più che ospite.
Basterebbe questo a creare scompensi nel partito e nel suo leader il cui carisma non è certo più quello dei bei tempi quando, Ministro degli Interni, spopolava ognidove, nelle televisioni nazionali, in quelle locali, sui social, nelle radio, tanto che i suoi fan cominciavano a beatificare il dono dell’ubiquità nel segno della sempre presente Vergine Maria.
Ma non possiamo non considerare le cronache, sempre più impietose per il segretario milanese della Lega. Un chilometro di inchieste aperte, dal filone dei contributi russi, alle decine di fascicoli aperti per ipotesi di riciclaggio per i quali il partito avrebbe emesso decine di fatture verso terzi per poi far rientrare gran parte di tali esborsi. Tra questi, i supposti contributi verso la lista Maroni Presidente, dove sotto la lente degli inquirenti sarebbero finiti l’Assessore all’Autonomia Stefano Bruno Galli, il responsabile organizzativo del partito, Roberto Calderoli e l’amministratore Luca Lepore. Senza dimenticare le operazioni che avrebbero visto protagonisti l’Amministratore Giulio Centemero nonchè i commercialisti Alberto di Rubba e Andrea Manzoni.
In meno di un anno Lega per Salvini premier, Lega Nord e Radio Padania avrebbero effettuato dei versamenti per un totale di circa mezzo milione di euro alla Mdr stp srl, azienda che fa capo ad Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, già indagati per il palazzo a Nord di Milano comprato a prezzo “gonfiato” da parte della Lombardia film commission.
E non basta. Ci si è messo anche il Senato della Repubblica che pochi giorni fa, a maggioranza, ha dato l’autorizzazione a procedere nei confronti del senatore Matteo Salvini per il caso dei migranti, trattenuti per 19 giorni a bordo della Open Arms nel 2019.
Se a questo aggiungiamo le indagini riguardanti l’operato della Giunta Fontana nel corso della emergenza Covid in Lombardia e direttamente quelle rivolte al Governatore Fontana per l’affaire “camici” che ha svelato anche la gestione “estera” del patrimonio del Governatore ereditato dalla madre, ci rendiamo conto che le “bordate” nei confronti della corazzata legasovranista sono concentriche e mirano sempre più ad un unico obiettivo, eliminare dalla scena politica Matteo Salvini.
Non che l’azione al governo del leader leghista sia stata improntata alla difesa del Nord ed in ultima analisi delle genti che hanno permesso la sua elezione a segretario. L’approvazione di alcuni flop clamorosi come “Quota 100” spacciata per il superamento della legge Fornero ed il voto a favore del reddito di cittadinanza, non hanno certo messo il popolo del Nord nelle migliori condizioni per continuare ad inneggiare al proprio ex-leader nordista.
E pensare che Salvini, nel dicembre 2013, quando al Lingotto di Torino, divenne segretario federale per la prima volta, aveva scelto come slogan “Futuro è Indipendenza” salvo poi rimangiarsi tutto e percorrere quel percorso di nazionalismo da “viva gli italiani” che ha, per un po’, abbacinato anche gli “eterni nemici terroni” i quali, abituati a vedere risultati concreti, già stanno già voltando le spalle al Capitano nazionale per rivolgersi verso altri lidi, come ad esempio il partito di Giorgia Meloni.
Ma la prova delle cento pistole arriverà a settembre quando Salvini si giocherà veramente il salvataggio di Fort Alamo. Se come certo Luca Zaia stravincerà in Veneto dimostrando ancora una volta il suo enorme consenso personale, le partite si giocano altrove. In Liguria dove il movimento del Governatore Toti è dato in crescita, proprio ai danni della Lega e dove un grande personaggio della storica Lega Nord, il bossiano Giacomo Chiappori, si presenta con la lista civica “Grande Liguria”.
In Toscana dove Susanna Ceccardi, fedelissima salviniana, come d’altronde la già “trombata” Lucia Borgonozoni in Emilia Romagna, tenta l’assalto al fortino rosso. Avesse un po’ più di spessore politico forse avrebbe qualche chances.
In Puglia c’è fermento nella Lega. Poche settimane fa più di 100 amministratori locali leghisti pubblicarono una lettera aperta di netta critica nei confronti della amministrazione locale del partito. In tutte le regioni del Sud mal si sopporta la sorta di commissariamento da parte di dirigenti del Nord vicine a Salvini. Aggiungiamo che Giorgia Meloni l’ha spuntata nella scelta del candidato piazzando un pezzo da novanta come Raffaele Fitto e mettendo già fuori la freccia per un più che probabile sorpasso nei confronti dell’ex partito nordista.
In Campania la storia è simile se non fosse che il pezzo da novanta li si chiama Vincenzo De Luca, l’eroe dei due mondi ed anche del terzo rappresentato dall’emergenza Covid che ha affrontato come sempre da sceriffo, contenendo efficacemente il contagio. Partita persa in partenza per cappotto.
Il contemporaneo attacco concentrico verso la Lombardia, rimasta l’unica enclave del Capitano, rende le partite nelle altre regioni decisive per la sopravvivenza della specie salviniana. Una sconfitta della lista in tutte le regioni al voto (con l’esclusione del Veneto ovviamente) segnerà l’immediato declino elettorale e personale del Matteo 2 nazionale per il quale già la frequentazione del Papeete Beach 2020 è ben diversa e dimessa rispetto alla edizione 2019 passata a suon di “Inno di Mameli” disco dance e di moto d’acqua.
E non ci sarebbe da stupirsi se la vecchia guardia leghista del Nord che già mal sopporta la linea “prima gli italiani” ma la subisce “perchè tiene poltrona” stesse già cominciando a creare un cordone sanitario attorno al Capitano per sterilizzarlo non appena si dovessero riscontrare flop elettorali o exploit giudiziari.
Intanto il movimento che Salvini aveva portato al 34% alle scorse europee ed al 38% nei sondaggi, prima di fare harakiri affondando il suo stesso governo, si ritrova adesso attorno al 22-23%, tallonato dal PD e con il fiato sul collo di Giorgia Meloni.
Ormai la platea di coloro che stanno sulla riva del fiume attendendo che il “cadavere” passi, cominciano ad affollarsi.
Rispondi, replica o rettifica