La Giunta Fontana traballa per queste 5 inchieste. Attacco politico?

Come spiegato da “Il Sole 24 Ore” , ci sono almeno cinque inchieste che mettono in difficoltà la Regione Lombardia.

Qualcuna dal contenuto più “giudiziario” – quella sulla fornitura dei test sierologici e sul conflitto di interesse relativo alla fornitura dei camici. Altre che guardano più ad una ricostruzione più “storica” di quanto avvenuto durante l’emergenza coronavirus, – la mancata chiusura della Val Seriana e la diffusione del virus nelle residenze per anziani – nelle quali è più difficile arrivare a circoscrivere le responsabilità.

Infine ci sono le indagini, ancora di tipo conoscitivo, sulla costruzione dell’ospedale negli ex padiglioni della ex Fiera di Milano, per il quale il nucleo Tributario della Gdf sta scandagliando spese e consulenze.

Tutte quante, sommate, rappresentano una vera e propria insidia per la giunta guidata da Attilio Fontana: un terreno scivoloso sul quale dovrà muoversi per recuperare la possibile perdita di consenso di questi mesi.

Le indagini a carico di Fontana

Il governatore risulta direttamente indagato per la vicenda della fornitura di camici da parte della società Dama, partecipata dal cognato Andrea Dini e dalla moglie Rebecca, che, in conflitto di interessi, doveva fornire 75mila camici alla Regione Lombardia per 500mila euro, in piena emergenza coronavirus. L’accusa rivolta a Fontana è di f rode in forniture pubbliche, approfondita dalla procura di Milano.

Ma a metterlo in imbarazzo c’è soprattutto un tentato versamento di denaro proveniente da un conto svizzero. Conto che appartiene proprio a Fontana, precedentemente intestato alla madre, per il quale nel 2015 aveva fatto uno scudo fiscale per 5,3 milioni.
Dopo un’intervista di Report Fontana cercò di fare un bonifico da 250mila euro alla Dama per “ricompensare” la società del mancato incasso per 49.353 camici e 7mila set già consegnati, visto che il governatore chiese di sospendere la fornitura trasformandola in una donazione, temendo un danno reputazionale legato appunto al conflitto di interessi. Tuttavia la milanese Unione Fiduciaria a cui si era rivolto bloccò il pagamento perché in base alla normativa antiriciclaggio non vedeva una causale o una prestazione coerente con il bonifico, disposto da un soggetto “sensibile” come Fontana. Per questo è partita una “Sos-Segnalazione di operazione sospetta” all’Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia, che la girò alla guardia di finanza e quindi alla Procura di Milano.
A complicare la posizione di Fontana c’è la sua dichiarazione di quei giorni, in cui sosteneva di non saperne nulla.

L’ipotesi dunque è che Fontana volesse proseguire con la fornitura in conflitto di interesse e che si sia fermato solo perché la storia poteva venire a galla.

La scelta dei test sierologici

L’inchiesta è della procura di Pavia, ma il faro è stato acceso anche da quella di Milano. La Regione Lombardia non usò nel mese di marzo i test sierologici, ritenendoli scarsamente affidabili. Poi l’11 aprile scelse, con affidamento esclusivo, la Diasorin, azienda di Saluggia, che nel frattempo aveva ottenuto un accordo esclusivo con il Policlinico San Matteo di Pavia per sviluppare la ricerca.

La Diasorin ebbe la certificazione CE solo il 17 aprile, per la fornitura di 500mila test da 2 milioni di euro. Il prezzo era pari a 4,5 euro l’uno. Poi la Regione, dopo il ricorso di una società concorrente, ha aperto una gara, aggiudicata alla Roche, che si è fatta pagare 1,5 euro a pezzo. E intanto la Diasorin non ha più completato la fornitura, ferma a 100.020 test a maggio. Il susseguirsi delle decisioni sembrano poco coerenti.

L’accordo tra l’ente sanitario e la Diasorin potrebbe costituire, per gli inquirenti pavesi, peculato e turbativa d’asta,e vedono già indagate otto pers one, vertici della società e del San Matteo, accusati di aver creato un ingiusto vantaggio all’azienda rispetto alle concorrenti.

Solo ipotesi di reato o attacco politico?

Al di là di quelle che potranno risultare reali ipotesi di reato e per le quali è giusto e corretto che i responsabili vengano giudicati, non si può non pensare che una serie di attacchi concentrici su Regione Lombardia non siano influenzati da una precisa volontà politica.

Lungi da noi giustificare eventuali reati, resta però un fatto che al momento la Lombardia è l’unica enclave certa di Matteo Salvini anche in ottica regionali 2020. Se la vittoria più che certa e trionfale della Lega in Veneto è attribuibile in grandissima parte al consenso personale di Luca Zaia, se in Liguria la vittoria del centrodestra è quasi scontata ma con un governatore non leghista, la vittoria in Toscana è tutta da conquistare, mentre in Puglia e Campania la scena è tutta per Giorgia Meloni che sta provocando uno spostamento di voti leghisti verso Fratelli d’Italia. Nelle altre regioni il Piemonte vede un governatore di Forza Italia seppur in alleanza con la Lega. Unica eccezione il Friuli Venezia Giulia dove Fedriga domina incontrastato. Ma il Friuli Venezia Giulia è una regione troppo piccola per incidere sulle politiche nazionali.

Quindi l’unica regione al momento limpidamente a guida leghista salviniana è la Lombardia dove infatti si concentrano tutti gli attacchi politici e la maggior parte delle inchieste delle magistratura. Se mai il governo lombardo dovesse cadere, il leader leghista potrebbe trasformarsi in un re nudo.

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Gianantonio Bevilacqua, giornalista pubblicista dal 1998 Ordine dei Giornalisti - Regione Lombardia. , Esperto di difesa e politica

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