
Premetto: odio le premesse! Non le sopporto! Non le sopporto proprio! Sono logorroiche, distraggono dal vero tema dell’articolo, veicolano l’attenzione, ti instradano al pensiero unico quasi sempre dettato dall’editore! Le odio! Però a volte sono necessarie. Ed ogni tanto ci casco anch’io. Però solo se non sono imposte da nessuno se non dal mio libero pensiero. Per natura scriverei l’opposto perché ritengo che arrivati alla mia età se sei ancora soggiogato ad imposizioni piovute dall’alto sei un fallito, un servo del potere, un uomo senza palle. Lo so che il mio pensiero è utopico però è il mio e, credetemi, mi ha creato e mi sta creando non pochi problemi, però la mattina mi guardo senza problemi allo specchio.
Le premesse dicevo. A questo articolo è dovuta. Dovuta dai fatti. Dovuta per spiegare fino in fondo il mio pensiero.
Il mio concetto di Europa esula dalle nazioni. Secondo me non hanno più senso di esistere come lo conosciamo. Né politicamente né amministrativamente. Se si vuole arrivare ad una vera Unione Europea si deve arrivare ad una formazione federale in cui i popoli, e non le nazioni-stato che la compongono, hanno piena giurisprudenza sul governo centrale europeo. Non devono esistere la Francia, la Germania, l’Olanda, l’Italia, la Spagna, la Grecia ecc. ma i francesi, i corsi, i baschi, i bavaresi, i tedeschi, i tirolesi, gli austriaci, i catalani, i padani, gli italiani e via dicendo.
Ed ognuno di questi popoli deve essere sovrano rispetto all’Europa nel loro territorio e legiferare secondo le esigenze di esso, nel rispetto di parametri non troppo rigidi e violabili imposti dalla comunità centrale, che dovrebbe avere il solo compito di proporre regole su argomentazioni che riguardano la totalità dei territori membri, quali ad esempio sicurezza ed immigrazione, “chiedendo” e non “imponendo” delle regole.
E qui chiudo la tanto odiata, ma dovuta, lunga premessa. Ma perché l’ho fatta? Per spiegare il mio pensiero sui fatti degli ultimi giorni e l’ormai famoso accordo sul Recovery Fund raggiunto dal governo centrale e dal premier Giuseppe Conte nello specifico.
Leggendo di qua e di là e non essendo un economista mi limito ad una considerazione politica. Da qualche giorno rimbomba su tutte le testate il termine “Paesi Frugali” che suona tanto di denigrazione verso questi Paesi. Ma quali sono questi Stati? Olanda, Austria, Danimarca, Svezia, Finlandia e Repubbliche Baltiche. E cosa significa “Stati Frugali”? Il termine è stato coniato dal Financial Times, non proprio un giornalino di provincia, che aveva per primo usato il termine “frugal”, in inglese parsimonioso, per indicare i primi quattro paesi che hanno aderito a questo fronte, ossia Austria, Danimarca, Olanda e Svezia.
Parsimoniosi quindi, ossia paesi dalle economie piccole, fiorenti e pronte ad approfittare del mercato interno europeo.
Questo passaggio forse bisognerebbe spiegarlo a chi, nella sua veste di leader politico, ha esternato sui social “Ma che ne sanno i frugali? Mozzarella e panzerotti pugliesi, olio buono..”. Ecco: sinceramente credo che se si vuole fare politica ed essere presi seriamente in considerazione bisogna avere un approccio diverso e certe cose bisogna lasciarle a trasmissioni televisive, ben realizzate, che hanno un compito diverso, quali “Mela Verde” tanto per citarne una.

Però non è questo il succo del mio ragionamento.
I paesi sopra citati si sono opposti al contributo europeo all’Italia. Sinceramente diventa difficile dargli torto: ma perché dei paesi con un’economia fiorente, frutto di una politica efficiente sul piano amministrativo, devono “regalare” dei soldi ad una nazione, mi viene sempre più difficile definirla stato, che ha dimostrato nella sua storia di non essere in grado di gestire la montagna di denari affluita nelle sue casse? Sinceramente sarei stato contrario anch’io da padano. Ricordo ai più distratti che ogni santo anno che il buon Dio ci concede il Nord versa oltre 120 miliardi alle casse centrali senza avere indietro alcunché. E questo ogni anno. Bene gli olandesi, gli austriaci, i danesi, gli svedesi ecc. ma noi cosa dovremmo dire?
Tornando alla premessa Europa si, ma che sia un’Europa dei popoli se vogliamo togliere ossigeno a chi vive di assistenzialismo, di assunzioni pubbliche, di voto di scambio, di forestali.
Se no poi non stupiamoci se nel mondo ci sentiamo dire: ”Italia; pizza, mandolino e mafia”.
Io non mi ci riconosco, non sono miei fratelli, nemmeno parenti.
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