L’ “enigma” Giancarlo Giorgetti

Si è ritirato nella sua Cazzago Brabbia dove è stato sindaco per quasi un decennio a cavallo degli anni duemila, in provincia di Varese, l’uomo più schivo ma nel contempo più esperto politicamente della Lega, Giancarlo Giorgetti.

E’ sopravvissuto a tutti gli sconquassi accaduti all’interno del Movimento, è sopravvissuto sempre con ruoli di primissimo piano, a tre segreterie, quella di Bossi, di Maroni ed ora di Matteo Salvini.

E’ forse l’unico leghista, forse affiancato solo da Roberto Maroni, a godere della stima istituzionale delle più alte cariche dello Stato. Spesso soprannominato il “Richelieu” e il “Gianni Letta” della Lega, bocconiano, cugino di Massimo Ponzellini, discusso banchiere, ex presidente del Banco Popolare di Milano.

In famiglia c’è un altro Ponzellini, di nome Gianluca, che vanta rapporti di altissimo livello, in un sistema di porte girevoli che porta direttamente ai piani più elevati dell’establishment italiano: banche, grandi imprese di Stato, grandi famiglie del capitalismo nazionale. Varesino, 71 anni, commercialista di grande esperienza, collega e socio di Angelo Provasoli, Rettore dell’Università Bocconi tra il 2004 e il 2008, Provasoli, per citare solo gli incarichi più recenti, è stato presidente del collegio sindacale della Cassa depositi e prestiti, dell’Enel e di Expo, presidente di Rcs-Corriere della Sera, consigliere di Telecom Italia.

Ha coltivato con grande abilità la sua immagine di politico alla mano, dai gusti semplici, lontano dalla ribalta mediatica, grande tifoso del Varese calcio, preferisce seguire la sua squadra piuttosto che farsi vedere in tribuna a San Siro.

Ma su Giancarlo Giorgetti, nonostante la sua carriera politica che lo ha portato ad essere, nel governo giallo blu, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, mai nessun gossip, mai nessun pettegolezzo nè politico, nè privato.

Ha sempre amato lavorare dietro le quinte, da sempre non ama l’esposizione mediatica nè i social, fino a non molti anni fa persino riottoso a salire sul palco durante le feste leghiste. Fine mediatore, ha mediato anche se stesso, adattando la sua idea di politica al segretario di turno.

Ma sempre più spesso le dichiarazioni pubbliche di Giorgetti sono distanti dai proclami di Salvini. Favorevole al MES sanitario al contrario del “Capitano” la distinzione politica di Giorgetti da Salvini emerge quando l’analisi diventa politica sul futuro del governo del paese. Per questo Giancarlo come dice lui stesso, si è messo temporaneamente in tribuna nella sua Cazzago Brabbia.

Al voto, al voto……

Mentre il segretario leghista non perde occasione per ribadire la netta posizione della Lega, favorevole al voto anticipato, tanto è vero che è sotto gli occhi di tutti la campagna acquisti di parlamentari 5stelle che si spostano verso il carroccio, Giancarlo Giorgetti frena, ben sapendo che governare in una situazione come quella attuale del paese è molto peggio di quando fu siglato il governo Lega-5Stelle.

La spallata a Conte, tanto auspicata da Salvini, è una ipotesi del tutto remota per Giorgetti per il quale in questo momento non c’è una frazione in grado di prevalere l’una sull’altra, bensì un tracollo collettivo. “I fondamentali dell’economia sconsiglierebbero oggi la propaganda. L’autunno sarà drammatico e sarebbe già un successo se l’Italia riuscisse a salvare la pelle”, si sfoga con alcuni esponenti del Pd.

Ma al voto anticipato Giorgetti non crede. Ha il fiuto troppo fino per non comprendere che lo spessore di questa crisi è molto più concreto delle boutade elettorali. Un governo, di qualunque parte sia, sarà spazzato via dalla crisi più imponente dal dopoguerra, con un debito pubblico che sta schizzando in alto (dove pensiamo prenda Conte i vari bonus e prestiti) e l’economia reale che è il vero sottostante dei titoli di Stato ed in generale della credibilità del paese, che stenta a ripartire dopo il Covid.

Il numero due leghista ha due preoccupazioni: la tenuta del tessuto produttivo e il rischio che il Paese reale si stacchi dalle istituzioni, con quali conseguenze è immaginabile. Per evitare questa deriva servirebbero «senso di responsabilità» e «collaborazione bipartisan», ed è convinto – al pari dei suoi interlocutori – che quando la situazione si aggraverà, sarà tutto più chiaro e «la soluzione» per certi versi più semplice.

E la soluzione che nessuno vuol dire ma che tutti ormai hanno ben chiaro in mente ha un nome ed un cognome, Mario Draghi.

E’ in questo probabile scenario di governo di unità nazionale che potrà trovare spazio la riscossa dei territori e degli Autonomisti. Quando la crisi profonda obbliga a far si che sia la maggioranza che l’opposizione si debbano sporcare le mani, qualche opposizione dovrà pur nascere.

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Gianantonio Bevilacqua, giornalista pubblicista dal 1998 Ordine dei Giornalisti - Regione Lombardia. , Esperto di difesa e politica

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