Cella di Varzi, Tempio della Fraternità

Ci sono luoghi che ti segnano, che ti emozionano, che suscitano farti sensazioni ogni volta che li visiti. Luoghi che quasi ti appartengono, che senti tuoi e dove periodicamente devi recarti, quasi come ti chiamassero. Per chi scrive uno di questi è sicuramente il Tempio della Fraternità di Cella di Varzi, in Valle Staffora, nel profondo Oltrepò Pavese, ai piedi di quell’Appenino che unisce la Lombardia all’Emilia, al Piemonte e alla Liguria. Quella terra che costituiva la vecchia Via del Sale e che viene denominata delle “Quattro Province” (ed ovviamente delle quattro regioni).

Ebbene a una decina di chilometri dal capoluogo Varzi, sulle pendici di questo splendido territorio pre appenninico, nel borgo di Cella di Varzi, si trova questa chiesetta voluta dall’allora parroco don Adamo Accossa, già cappellano militare durante l’ultima guerra, per raccogliere le rovine del conflitto (che nel 1951-’52 erano ancora tante) e con esse ricostruire il tempio come simbolo ed auspicio di una ricostruzione più grande: quella della fratellanza umana.

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Personalmente conobbi questo luogo una quarantina di anni fa quando un amico, paracadutista civile, mi accompagnò laddove la sua associazione, annualmente, faceva celebrare una messa in suffragio ai paracadutisti caduti vittime della guerra. E non a caso voglio citare questo luogo nella settimana in cui si ricorda l’anniversario della dichiarazione di guerra, da parte del governo di Mussolini, a Francia ed Inghilterra che segnò l’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale.

La storia ci racconta che don Accossa conobbe a Parigi un altro prete-soldato, però dell’altra guerra, un tal Angelo Roncalli, diventato in seguito Papa Giovanni XXIII, il papa buono.

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L’allora Monsignore prese a cuore l’iniziativa che incoraggiò, inviando simbolicamente anche la prima pietra, tolta dall’altare frantumato di una chiesa nei pressi di Coutances, distrutta durante lo sbarco degli Alleati in Normandia nel giugno del 1944.

Da li iniziò la raccolta delle reliquie belliche che compongono la chiesa, alla quale costruzione collaborarono tutte le città dove maggiormente infuriò la guerra: da Berlino, da Londra, Dresda, Varsavia, Montecassino, El Alamein ed anche da Hiroshima e Nagasaki. Un centinaio di località hanno contribuito all’erezione dell’altare maggiore inviando ognuna una rovina del loro monumento più significativo. Milano ha inviato alcune guglie del Duomo, cadute durante i bombardamenti dell’agosto 1943, e, in più, una parte del pavimento del Duomo stesso che ora copre tutto il presbiterio del Tempio di Cella.

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Per citare solo qualche particolare si può dire ad esempio che la vasca battesimale è costituita dall’otturatore di un cannone 305 della corazzata Andrea Doria; quello che lanciava la distruzione e la morte, ora lancia nella vita i nostri bambini. Oppure che armi insanguinate, deposte ed offerte da tutto il mondo, aventi tutte una storia particolare, ora compongono la figura del Cristo in croce, che nella parte destra del Tempio è situata una Madonna cinese, dell’effige sacra della Madonna di Lujan.

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Ed ancora che dietro l’altare vi sono cinque tombe in ricordo dei caduti in guerra dei cinque continenti.

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Questa non è una chiesa normale e per capirla non basta fermarsi all’oggetto che si vede, altrimenti potrebbe sembrare una raccolta di strane cose, ma leggere le scritte e andare al significato di quanto appare, ed ascoltare il muto linguaggio. Ci sono cose che con la guerra non entrano per niente, ma non bisogna dimenticare che ci sono anche le battaglie della vita, del progresso, della scienza, della salute. E tutte meritano un ricordo.

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All’interno di questo Sacrario vi è anche un cippo in legno, posizionato vicino all’altare, che raffigura un carabiniere, con relativo cappello, foulard, e bandoliera, che a sua volta sorregge un quadro con dipinti i Carabinieri caduti nella strage di Nassiriya, mentre nei fianchi ha dei rametti spezzati con le bandierine tricolori e su tali bandierine vi sono le foto di ogni caduto militare o civile, sempre di Nassiriya.
Tale cippo sorregge un mattone prelevato nel luglio 2004 dall’app. scelto Armando Semeraro dai resti della base Maestrale della M.S.U dei Carabinieri in Nassiriya, crollata nell’attentato terroristico del 12-11-2003, e portato a Cella di Varzi il 19/09/2004.

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All’esterno vi sono monumenti a ricordo di tutte le armi, dai marinai ai carristi, dall’aereonautica alla marina ecc.. tra cui spicca un carro armato, un cacciabombardiere e un missile.

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Ma questa è solo una brevissima descrizione di questo Tempio, ma per capire bene ed approcciarsi alla riflessione a cui induce bisogna andare a visitarlo.

E per passare dal sacro al profano non può mancare al termine della visita una sosta al bar ristorante del vicino paese di Castellaro, che per gli intenditori è la vera patria del salame di Varzi, per degustare un panino indimenticabile accompagnato magari da un bel calice di bonarda dell’Oltrepò Pavese.

E se lo dice un oltrepadano doc come me potete fidarvi.

parzialmente tratto da varziviva.net

About Roberto Pisani 102 Articles
Regista televisivo e teatrale

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