
L’Azienda per la Tutela della Salute (Ats) di Bergamo ha reso noti i risultati dei test sierologici ai quali, dal 23 aprile al 3 giugno, sono state sottoposte 20.369 persone, di cui 9.965 cittadini e 10.404 sanitari. Secondo i test la percentuale di positività dei cittadini è del 57 per cento, mentre tra il personale sanitario questa scende al 30 per cento. Percentuali alte che non sorprendono, considerando che la bergamasca è stato il principale focolaio di Covid in Italia. Ci sono diversi elementi a sostegno della tesi per cui la mancata istituzione di una zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro, e cioè i due comuni che, secondo una nota dell’Istituto Superiore di Sanità visionata in esclusiva da TPI, dovevano essere chiusi già a partire dal 2 marzo insieme a quello bresciano di Orzinuovi, hanno aumentato in modo esponenziale il numero di contagi e di decessi in Lombardia. Perché, durante quei giorni e prima del lockdown nazionale decretato dal governo il 9 marzo, molte persone già contagiate hanno continuato a spostarsi verso Bergamo e altrove.
Secondo i dati Istat, che tengono conto di tutte le morti registrate, e non solo di quelle direttamente conseguenti dal Coronavirus, dal primo marzo e il 4 aprile 2020, a Bergamo c’è stato un boom di decessi rispetto al 2020, pari a oltre il 382,8 per cento. Inoltre, sempre secondo l’Istat a Nembro nei primi 21 giorni di marzo si è registrato il 1000 per cento in più di morti rispetto al 2019. Nella vicina Alzano Lombardo si è arrivati a + 1022 per cento. Con un picco massimo nel piccolo comune di San Pellegrino Terme, con un incremento del 2000 per cento. È una mortalità dell’1 per cento dell’intera popolazione di quei comuni, più alta di quella riscontrata a Wuhan, in Cina, e più alta che in qualsiasi altra parte del mondo. Non stupisce dunque che oltre la metà del campione sottoposti ai test sierologici a Bergamo risulti positiva al Coronavirus secondo i test del sangue effettuati dall’Ats
Fote TPI
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