
6 maggio 1976. Sono da poco passate le 21, esattamente da 2 minuti. La terra trema, le case tremano, la gente si riversa sulle strade, le urla, le grida disperate, i pianti. C’è chi cerca un congiunto,chi i familiari, chi prova a salvarli, chi prova a salvare se stesso. Le case vengono giù, le chiese vengono giù, tanta polvere, tanti mattoni, tante tegole. Attorno tutto distrutto. Non c’è più nulla. Si fa fatica a respirare. Si respira aria di…. morte!
L’orco ha colpito, l’Orcolat come lo chiamano i friulani. Si perché siamo in Friuli, terra di confine, terra laboriosa e stiamo parlando del terremoto che la sconvolse 44 anni fa. La sua intensità fu calcolata in 6,5 magnitudo della scala Richter.

Il video che vi proponiamo ha come base la registrazione audio originale della prima scossa, effettuata da un ragazzo di Tricesimo, Mario Garlatti, che proprio nei minuti precedenti stava registrando, con un normale registratore a cassetta, un brano dei Pink Floid da un giradischi. Il microfono rimase aperto per tutto il tempo della scossa.
“MARIO! MARIO!”. La voce di quella madre che chiama il figlio potrebbe essere la voce di qualsiasi mamma e rende pienamente l’idea della drammaticità del momento.
990 morti, oltre 100.000 sfollati, 18.000 case distrutte, 75.000 abitazioni danneggiate, 600.000 abitanti colpiti, 45 comuni completamente distrutti, 4.500 miliardi di lire di danni al territorio pari a 18,5 miliardi di euro.

Questi sono i freddi numeri che il sisma, dell’intensità di magnitudo 6.5, ha causato. Fra i comuni più colpiti risultano Gemona del Friuli, Folgaria nel Friuli, Osoppo, Venzone, Trasaghis, Artegna, Buia, Magnano in Riviera, Majano, Moggio Udinese ma la lista può continuare senza sosta.

E purtroppo non finisce tutto il 6 maggio 1976. Infatti nei giorni successivi le scosse si susseguono ed ebbero un triste epilogo oltre 4 mesi dopo, quando l’11 e il 15 settembre vi furono altre quattro scosse di intensità variabile fra i 5,3 e i 6 magnitudo della scala Richter che distrussero quello che era rimasto in piedi.

Epicentro del sisma fu in un primo momento individuato nell’area del Monte San Simeone, tesi smentita da studi successivi che indicavano una zona localizzata fra i comuni di Artegna, Gemona, Lessi, Lusevera e Taipana. La scossa principale fu avvertita in un’area vastissima, estesa a tutta l’Italia centro-settentrionale fino a Roma e a Torino, all’Austria, alla Svizzera, la Repubblica Ceca e la Slovacchia, gran parte della Germania e della Croazia e parte della Francia, della Polonia e dell’Ungheria. Inoltre, produsse danni, oltre che nelle regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto, in vaste aree dell’Austria meridionale ed in buona parte della Slovenia.
I primi ad intervenire furono ovviamente i friulani anche se testimonianze di solidarietà arrivarono da tutta Italia e non solo. Va ricordato che il terremoto del Friuli diede una forte spinta per la costituzione dell’attuale Protezione Civile. Ancora oggi la gestione dell’emergenza post sisma e la successiva ricostruzione sono ricordati come un esempio di efficienza e serietà. In 10 anni l’intera zona fu completamente ricostruita. E questo fa riflettere considerando quanto le cronache riportano a proposito degli eventi sismici successivi, a partire da quello che colpì l’Irpinia per finire a quello dell’Aquila.

Gente tosta i friulani. Si sono rimboccati subito le mani senza aspettare la manna dal cielo. Chi come me ha qualche anno in più e qualche capello in meno ricorda il raffronto fra le immagini televisive che arrivavano dal Friuli e quelle di altri eventi sismici. E qui mi fermo.
Gente tosta e chi vi scrive ne ha avuto la riprova. Due piccole testimonianze raccolte durante il servizio militare prestato proprio in quelle aree, a Vivaro in provincia di Pordenone a cavallo fra il 1981 e il 1982. La prima ad opera dei graduati che quella sera prestavano servizio nella piccola caserma: mi raccontarono infatti che gli alberi del vialetto antistante l’ingresso carraio incrociarono le punte tanto fu violenta la scossa.
La seconda è il racconto di due ragazze della zona pedemontana nei pressi di Gemona, conosciute durante una libera uscita. Mi dissero che videro il tetto della loro casa alzarsi di dieci centimetri per poi ricadere e non muoversi più. Fantasia o verità? Chi lo sa. Resta comunque il fatto che quella sera di 44 anni fa ha portato sangue e distruzione e rimarrà un ricordo indelebile per chi ha vissuto direttamente o indirettamente quel dramma.

“Il Friuli ringrazia e non dimentica”. Questa è la frase usata dai friulani come ringraziamento per gli aiuti ricevuti.
Ma siamo noi che dobbiamo ringraziare loro per la forza che ci hanno trasmesso e per l’amore che hanno per la propria terra.
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