Elezioni amministrative senza preferenze: a quando una nuova Legge Acerbo?

La notizia, rimbalzata su alcuni media nazionali, è di quelle che fanno veramente accapponare la pelle, per lo meno per gli amanti della democrazia rappresentativa. Allo studio del governo giallo-rosso, un esecutivo ben lontano dall’esprimere la volontà popolare, pare ci sia una nuova legge elettorale che riguarderebbe gli Enti locali al voto nell’autunno prossimo. Infatti, a causa dell’emergenza causata dalla pandemia di Coronavirus, le votazioni che avrebbero dovuto tenersi a fine maggio, sono state rinviate al prossimo mese di ottobre. Ma questa volta, a quanto pare, i cittadini elettori non avrebbero più la possibilità di esprimere la propria preferenza per un candidato consigliere, nè per la Regione, nè per il Comune di residenza.

Una legge liberticida

E’ cosa nota a chi segue con attenzione le vicende della politica nostrana, che spesso e volentieri per convincere della bontà di una norma comunemente ritenuta una “porcata”, si adducano delle motivazioni legate a un’emergenza, che ci costringono a fare le cose in fretta “per evitare il peggio”. E si sa pure che a fare le cose di fretta, capita anche di farle male, molto male.A quanto pare ci troviamo davanti proprio a una fattispecie del genere. C’è l’emergenza Covid-19? Bene! Allora per prevenire assembramenti e campagne elettorali troppo affollate, coi classici porta a porta per chiedere un voto al singolo candidato, prima ancora che al partito, tagliamo tout court tutte le preferenze. E come si fa a stabilire chi dovrà entrare in Consiglio comunale o in quello regionale? Semplice! Si impone una lista bloccata dove i partiti possano inserire chi vogliono senza ascoltare minimamente i desiderata dei cittadini. Et voilà, la fregatura è servita!

Inciucio bipartisan?

Mentre si ragiona di questa ipotesi scellerata in seno al governo-direttoriale di Giuseppi, che aumenterebbe enormemente la partitocrazia in un paese che già da decenni soffre di questo grave morbo, a strizzare l’occhio alla maggioranza sembra ci siano le opposizioni di Centro-destra. Ma com’è possibile tutto ciò?Mentre alcuni parlamentari delle minoranze occupano nottetempo, a buon titolo, i banchi di Camera e Senato per protestare contro l’illegittimità costituzionale dei Decreti del Premier e delle task force, fiorite presso i Ministeri romani nelle ultime settimane, pare che gli stessi non disdegnino questa sforbiciata alla democrazia rappresentativa a livello territoriale. La domanda quindi sorge spontanea: cui prodest? A chi giova una scelta del genere?

Veneto e Liguria: confronto serrato fra Segreterie locali e nazionali

Fra le numerose e importanti istituzioni locali del Nord coinvolte nel rinnovo delle assemblee dopo l’estate, spiccano senz’altro i Consigli regionali di Veneto e Liguria. Nelle recenti rilevazioni fatte dai principali istituti di sondaggio, appare evidente la riconferma del Serenissimo governatore Luca Zaia, il quale gode di una popolarità senza precedenti, attestandosi su un indice di gradimento addirittura superiore al 70% da parte degli elettori. Le prese di posizione forti a sostegno dell’Autonomia e la gestione dell’emergenza sanitaria hanno accresciuto in maniera importante l’immagine del Doge di Venezia e questo senz’altro ha creato qualche mal di pancia alla dirigenza milanese del suo partito, più concentrata a consolidare il proprio elettorato in nuove realtà del Mezzogiorno che nelle regioni storiche della Padania. Una legge elettorale nella quale le preferenze non esisterebbero più, però, potrebbe generare qualcosa di più di qualche mal di pancia, visto che i vertici leghisti più vicini al segretario federale non gradiscono più le insistenze sulla tematica autonomista e potrebbe mettere mano direttamente alle candidature dei consiglieri, preferendo dei fedelissimi alla linea di Milano e meno alle istanze del territorio. E il confronto non riguarderebbe naturalmente solo il piano amministrativo, ma anche quello squisitamente politico dal momento che da parecchio tempo nella pentola del Carroccio veneto bolle una certa diffidenza verso la nuova linea nazionale del Segretario.

Decisamente più contenute le aspettative di voto per Giovanni Toti, il quale si attesterebbe nei sondaggi poco al di sopra del 50% dei suffragi, pur godendo di un distacco rilevante rispetto al principale competitor di centro-sinistra. Il Governatore della Superba è riuscito a prendere le distanze dal suo partito d’origine, Forza Italia, mantenendo una guida solida della coalizione regionale ora allargata alla propria componente elettorale “Io Cambio!”. Nell’ipotesi dell’azzeramento delle preferenze. in questa specifica realtà, comporterebbe molto probabilmente un’interferenza diretta dei partiti decisamente superiore a quella di altre regioni. A parte la frattura del governatore col Cavaliere di Arcore, che ha dato comunque il suo benestare alla ricandidatura, non si vedono per ora all’orizzonte voci significative fuori dal coro rispetto ad eventuali liste preparare più a Milano o Roma che a Genova. Ma si sa: quando poi si tratta di candidature, tutto può succedere e chi si trova a dover scegliere chi mettere in lista non può permettersi ulteriori fratture dopo quella di Toti.

Come andrà a finire?

Su tutta questa situazione pesa senz’altro, come una nube minacciosa, la rabbia dei cittadini già sfiduciati da una certa politica fatta più di slogan che di sostanza, che le misure dell’esecutivo di Roma ha costretto agli arresti domiciliari incattivendoli ancora di più. Il fatto di non poter scegliere liberamente a chi dare il proprio voto anche a livello locale potrebbe portare a un’accresciuta disaffezione verso le urne, rendendo ancora più grande la distanza con la politica. E questo fa parte di un piano ben congegnato: chiudere la bocca al dissenso e al confronto.

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