
Gianantonio Bevilacqua, ingegnere, giornalista, esperto di marketing aziendale e di difesa, ma sopratutto leghista della prima ora, abbandona l’ex partito di Bossi, dopo averne ricoperto diverse cariche interne, in contrapposizione alla linea sovranista e nazionalista dettata dall’attuale segretario Matteo Salvini. Cofondatore e presidente del Comitato Rete 22 Ottobre per l’Autonomia continua il suo impegno politico coerentemente col suo credo che ha perseguito in tanti anni di militanza nella Lega Nord per l’indipendenza della Padania.
Il 22 ottobre 2017 i Lombardi assieme ai Veneti hanno espresso il loro desiderio di una maggiore autonomia territoriale. È soddisfatto delle azioni che Regione Lombardia ha perseguito finora nei confronti del governo centrale per far sì che questa volontà venga realizzata?
Come si può essere soddisfatti del nulla. L’unico atto concreto fu l’accordo del 28 febbraio 2018 tra il governo Gentiloni ed i governatori di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Questo accordo poneva le basi su come l’Autonomia avrebbe dovuto essere spesata, attraverso il mantenimento sul territorio di una quota delle imposte nonché attraverso l’introduzione dei costi standard. Queste due componenti avrebbero, nelle intenzioni del referendum, dovuto trattenere almeno la metà del residuo fiscale che per la Lombardia avrebbe significato circa 27 miliardi all’anno. Considerato che il bilancio regionale si aggira sui 23 miliardi/anno, immaginiamo come avrebbe potuto svilupparsi la Lombardia. Da quel 28 febbraio 2018 non solo nulla è stato fatto ma invece siamo andati indietro. Sia il governo Lega-5S sia l’attuale PD-5S hanno fatto tanto fumo ma di arrosto non se ne è visto. Solo una gran propaganda elettorale confidando sulla creduloneria dei cittadini al Nord che ancora si ancoravano alla speranza che ci fosse un partito che potesse difendere la questione settentrionale. Niente di più sbagliato anche di fronte all’evidenza di ciò che è accaduto.
Per Rete 22 Ottobre l’autonomia cosa rappresenta? L’inizio di un percorso, il punto d’arrivo oppure una fase transitoria?
Rete 22 Ottobre è nata per perseguire un percorso autonomista e federalista sulle basi di quanto richiesto dal referendum del 22 ottobre 2017 dove l’autonomia differenziata venga vista come l’unica possibilità attualmente sul tavolo ma che in prospettiva evolva in un vero e proprio cambio di forma di stato. La soluzione federale per noi è l’unica che possa dare qualche speranza al paese che è avvitato su se stesso, ingabbiato in un sistema ormai cronico di burocrazia ed assistenzialismo. E’ ovvio che qualora questo percorso non dovesse portare a risultati concreti, ne prenderemo atto ed anche la nostra strategia potrà mutare.
Quali sono le azioni che pensate di intraprendere per il raggiungimento del vostro obiettivo?
Rete 22 Ottobre non è un partito, quindi non si propone di diventare un collettore di masse. Il termine di “lobby autonomistica del Nord” maggiormente si addice nel pensare ai nostri obiettivi. Coinvolgere personalità del mondo dell’impresa, sindaci, amministratori locali in una piattaforma trasversale né di destra, né di sinistra perché l’autonomia di una regione o di un popolo non ha colore politico. Ci poniamo inoltre l’obiettivo di fungere da organo di trasmissione tra tante realtà autonomiste in Lombardia ma non solo. L’idem sentire autonomista e federalista al Nord esiste anche se spesso cova sotto la cenere. Guardiamo ora come la crisi coronavirus stia facendo apparire i reflussi di incompatibilità tra il Nord, Roma ed il Sud, dove la solidarietà apparente imposta dallo Stato, sempre a svantaggio del Nord, sta crollando per gli egoismi regionali e statali. La lotta sulle mascherine ed i presidi medici rappresentano una spia inequivocabile.
A lei una conclusione.
Autonomia, Sussidiarietà ed Aggregazione sono tre mantra su cui dobbiamo muoverci. Il principio della sussidiarietà per il quale le risorse ed i poteri non debbano essere concentrati nelle Regioni ma fluiscano verso le istituzioni più vicine ai cittadini è fondamentale per evitare un neo centralismo regionale. Aggregare tutte le realtà autonomiste locali, abbandonando vecchie logiche di contrapposizione in una spinta unica che riporti il centro sui 6 milioni di cittadini che hanno votato l’autonomia nel 2017, è un altro elemento fondamentale. Solo dimostrando alla gente che un’alternativa valida esiste, di stampo territoriale e non centralistica, si potrà pensare ad una nuova rivoluzione culturale e politica. Perché, come dimostrano tante realtà europee e non, dai catalani agli scozzesi, la battaglia non si gioca ormai più occupando i posti romani ma creando i presupposti per una rinascita dell’orgoglio delle genti del Nord derivante dalla propria cultura ma soprattutto dalla rabbia di essere la parte produttiva del paese sfruttata da sempre per mantenere lo status quo dell’apparato assistenzialista e sprecone. E se questo disgraziatissimo periodo dove ancora una volta il Nord stapagando il prezzo più alto in termini economici e di vite umane, non lascerà nei cittadini delle nostre terre così martoriate, la rabbia della riscossa dalle angherie e dalle ingiustizie, avremo sprecato un’occasione unica ed avremo sprecato le vite di tante persone che avrebbero potuto essere salvate se non fossimo stati depredati per decenni.
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