Massimo Fini: il progresso è un’illusione

Il giornalista e opinionista Massimo Fini

Non è facile parlare di un grande giornalista italiano come Massimo Fini. A lui andrebbero dati onori e tributi ma, come è prevedibile in una società amalgamata e conformista, gli spiriti davvero liberi e critici nei confronti dell’esistente vengono messi ai margini.

La sua lunga carriera di giornalista iniziata come cronista nei banchi de “L’Avanti!” Parla chiaro: migliaia di articoli, decine di libri pubblicati, un’attività intellettuale davvero invidiabile e interventi costanti in televisione come sagace analista della società, dei suoi costumi e della politica. Massimo Fini è uno dei nostri, non nel senso che sia ancora schierato politicamente, ma perché fu il primo, dopo una lunga esperienza socialista, a intravedere in Umberto Bossi e nella nascente Lega nord, un movimento politico indipendente che avrebbe rivoluzionato la società italiana.

Massimo Fini, colonna della controcultura italiana

Con l’Umbertone, Massimo Fini ha stretto un grande rapporto amichevole ed è stato, in tempi non sospetti, un onesto critico di Matteo Salvini. Insomma, Fini è quella colonna portante della controcultura italiana che è indispensabile scoprire nella sua totalità e interiorizzarne il metodo e la prassi della critica sociale. Nel 1985, da vero antimoderno, pubblicò un saggio che in tempi di pandemia andrebbe letto e riletto più volte: La ragione aveva torto?”, curato da Marsilio editore.

Ancor prima del Coronavirus, che ha messo in crisi tutte le nostre certezze, i nostri costumi, le nostre abitudini, il nostro modello di sviluppo, Fini si confrontò a spada tratta con l’idea di progresso di matrice illuminista. Il progresso tecnologico ereditato dalla Rivoluzione industriale ha snaturato l’uomo, ha reificato le sue qualità più profonde, ha denaturato la vita, ci ha sottratto alla logica della natura. Queste ampie trasformazioni hanno condotto l’uomo ad alienarsi in un unico e incontestabile modello di vita (quello occidentale).

Sudditi a servizio della maggioranza

A livello sociale la Rivoluzione francese ha appiattito le nostre menti, ci ha costretto all’omologazione sociale a un becero conformismo di massa che trova piena cittadinanza nell’ideale della democrazia universale. Siamo dei sudditi a servizio della maggioranza che è numericamente più numerosa dell’individuo singolo pensante. E la società odierna? È il risultato di queste due forze dialettiche che costringe all’isolamento le persone: il numeroso tasso di depressioni e suicidi a partire dalla culla della società del benessere-gli Stati Uniti- ne è la prova ineludibile.

Per Massimo Fini, insomma, si stava meglio quando si stava peggio, nei meandri della società preindustriale

Oggi non resta che mettere in discussione questo ordine sociale e questa metafisica ottimistica, proprio partendo dall’inchiostro apocalittico di un prezioso giornalista come Massimo. Ci voleva questa pandemia che ha rivelato tutta la nostra inefficienza, per farci cambiare la mentalità, a favore di una visione del mondo concreta? Staremo a vedere. Il futuro è alle porte!

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Giovane scrittore e opinionista. Collaboratore di numerose testate giornalistiche locali e online. Irriverente liberista, polemico, critico e liberale. Esperto di filosofia e storia del pensiero economico.

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