
Flash mob, buffonate dai balconi, tricolori molto spesso appesi in maniera errata, inno di Mameli, sono le barzellette di questi giorni vissuti da reclusi in casa.
Una domanda sorge spontanea. Che problemi hanno tutti quelli che usano il loro tempo libero cantando a squarciagola dai balconi, che si prodigano ad inventare e/o a partecipare a tutti i flash mob di questi giorni, quelli che sventolano il tricolore o lo espongono fuori dalle proprie finestre, per annoiarsi così tanto nella vita quotidiana? E’ così difficile comprendere che quel tricolore e quel testo, musicalmente scadente e tanto, vecchio e fuori tempo, sono il simbolo della causa del vero e odierno problema che ci attanaglia?
Uniti da nord a sud. Ma dove? Ma quando? E, soprattutto, perché?
In questi giorni traspare prepotentemente un egoismo frustrante, esasperato, imperante. Al sud si preoccupano, giustamente, delle calate dei loro concittadini in fuga dal nord infettato dal coronavirus. Qualcuno vorrebbe quasi quasi ergere un muro di demarcazione.
La Lombardia, il Veneto, il Piemonte, la Liguria, l’Emilia Romagna, il nord in genere, si sono sempre distinte, facendo a gara, per aiutare tutti, nessuno escluso. Però, adesso che ad aver bisogno sono proprio i cittadini di queste regioni – puff – sono spariti tutti. O, nella migliore ipotesi si comportano come novelli Ponzio Pilato. Eppure sono quelle regioni che mantengono l’intero paese, producendo circa il 60% del prodotto interno lordo nazionale.
In questi giorni c’è chi esalta l’appartenenza ad uno Stato che pensava di mettere a disposizione della propria cittadinanza una “mancetta” di 7,5 miliardi, poi magicamente saliti a 25 per tamponare gli effetti di una crisi economica che, nei prossimi mesi, mieterà più vittime che lo stesso infame virus Covid 19. Al confronto la Germania, che si prepara a subire gli stessi effetti della crisi economica post coronavirus, pensa di investire qualcosa come 500 miliardi.
Ogni anno 54 miliardi di residuo fiscale dalla sola Lombardia
Pensiamo alla Lombardia. Ogni anno versa a Roma un residuo fiscale di 54 miliardi di euro e ora deve chiedere il permesso a Roma, che deve inginocchiarsi a Bruxelles, per sostenere i propri cittadini con i propri soldi, per sopravvivere ad un dramma epocale come quello che stiamo vivendo. Questa è pura follia, punto.
Il vilipendio dello Stato
La protezione civile che manda mascherine non a norma, definite carta igienica dall’Assessore al Welfare di Regione Lombardia Gallera. Il super commissario all’emergenza voluto da Wiston Conte, il calabrese Arcuri, altro burocrate di stato e amministratore delegato di Invitalia, che da quando è in carica è uscito dal letargo solo per dirci che stavano arrivando dei cospicui aiuti dall’Unione Sovietica (defunta nel lontano 1991).
Il ministro Boccia da Bisceglie che, insieme al capo della protezione civile Borrelli, si permettono di irridere un intera Regione, in conferenza stampa, indossando le mascherine dello scandalo in maniera sbeffeggiante, per arrivare poi a tentare il sequestro di novecento mila mascherine a norma ordinate da Regione Lombardia e arrivate a Malpensa.
Questi sono alcuni esempi del vilipendio ad una terra, ad un popolo che da solo, giova ripeterlo, produce gran parte del Pil nazionale
Se in un popolo c’è gente che non ha la capacità, l’accortezza, la lungimiranza e l’intelligenza di capire che non si risolvono le crisi e le emergenze inneggiando, e osannando, la vera causa dei propri problemi è quasi giusto che qualcuno tenti di metterglielo in quel posto senza nemmeno l’ausilio di lubrificanti specifici. Come diceva il grande Giorgio Gaber “io non mi sento italiano ma per fortuna, o purtroppo lo sono”. In questo periodo, più che in altri propendendo decisamente per la seconda opzione.
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